L'ultimo conflitto combattuto per l'unificazione italiana
scaturì da una svolta nella politica internazionale. Il Regno d'Italia, da poco
formatosi, si alleò con la Prussia allo scopo di trarre vantaggio dalla
competizione austro-prussiana per la supremazia in Germania, dove parimenti era
in atto un processo di unificazione nazionale. Fu il cancelliere prussiano
Bismarck a offrire al governo italiano un'alleanza militare, tale che tenesse impegnata
sul versante sud una parte dell'esercito austriaco e lasciasse sguarnito il
fronte tedesco. Prussia e Regno di Sardegna sottoscrissero quindi un patto
segreto (8 aprile 1866), con il quale l'Italia si impegnava a entrare in guerra
contro l'Austria non appena la Prussia avesse aperto le ostilità: il vantaggio
sarebbe consistito nell'acquisizione del Veneto e di altri territori di
nazionalità italiana sotto dominio austriaco.
La guerra iniziò il 20 giugno. Il re Vittorio Emanuele II
assunse il comando dell'esercito, mentre a capo dello stato maggiore fu posto
il generale La Marmora, appena dimessosi dalla carica di presidente del
Consiglio. Le operazioni militari furono condotte senza coordinamento tra i due
tronconi dell'esercito che operavano l'uno sul Mincio, al comando di La
Marmora, l'altro sul basso Po, agli ordini del generale Cialdini. Nonostante
l'inferiorità numerica (70.000 uomini contro 200.000) l'esercito austriaco
riuscì a sorprendere alcune divisioni italiane nei pressi di Custoza,
ingaggiando uno scontro imprevisto che, seppure di modeste proporzioni, allarmò
a tal punto La Marmora da convincerlo a ordinare una ritirata generale, oltre
le linee del Mincio e dell'Oglio. Discordanze di strategia tra i comandi e
rivalità tra La Marmora e Cialdini sulla conduzione delle operazioni impedirono
di organizzare una controffensiva nel momento in cui gli austriaci ritiravano
numerose divisioni per spostarle sul fronte prussiano e una colonna guidata da
Garibaldi, dopo la vittoriosa battaglia di Bezzecca (21 giugno), marciava su
Trento. Il 20 luglio nei pressi dell'isola dalmata di Lissa la flotta italiana,
al comando dell'ammiraglio Persano, subì una clamorosa sconfitta da parte degli
austriaci, comandati dall'ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, che si concluse
con l'affondamento della cannoniera Palestro (231 caduti) e della nave
ammiraglia Re d'Italia (318 morti). All'esito negativo della guerra fu posto rimedio grazie alla
vittoria dei prussiani, che sbaragliarono gli austriaci nella battaglia di
Sadowa (vedi Guerra austro-prussiana), a cui seguì la pace di Praga (23
agosto). L'armistizio tra Austria e Italia, sottoscritto a Cormons (12 agosto),
fu seguito dalla pace di Vienna (3 ottobre) che prevedeva la clausola, già
sancita a Praga, della cessione all'Italia del Veneto previa consegna a
Napoleone III: l'imperatore francese in tal modo ripristinava il suo ruolo di
garante del regno italiano. A guerra conclusa si accesero violente polemiche
sulle responsabilità delle sconfitte di Custoza e di Lissa. L'ammiraglio
Persano fu portato davanti all'Alta corte di giustizia del Senato, che lo
ritenne colpevole di inettitudine, ma lo prosciolse dall'accusa di codardia.
L'unificazione italiana sarebbe giunta a compimento tra il 1870, con la presa
di Roma (vedi Breccia di Porta Pia), e la prima guerra mondiale, con
l'acquisizione dei territori di Trento, Bolzano, Trieste e dell'Istria.
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