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domenica 15 settembre 2013

Terza guerra d'indipendenza

L'ultimo conflitto combattuto per l'unificazione italiana scaturì da una svolta nella politica internazionale. Il Regno d'Italia, da poco formatosi, si alleò con la Prussia allo scopo di trarre vantaggio dalla competizione austro-prussiana per la supremazia in Germania, dove parimenti era in atto un processo di unificazione nazionale. Fu il cancelliere prussiano Bismarck a offrire al governo italiano un'alleanza militare, tale che tenesse impegnata sul versante sud una parte dell'esercito austriaco e lasciasse sguarnito il fronte tedesco. Prussia e Regno di Sardegna sottoscrissero quindi un patto segreto (8 aprile 1866), con il quale l'Italia si impegnava a entrare in guerra contro l'Austria non appena la Prussia avesse aperto le ostilità: il vantaggio sarebbe consistito nell'acquisizione del Veneto e di altri territori di nazionalità italiana sotto dominio austriaco.
La guerra iniziò il 20 giugno. Il re Vittorio Emanuele II assunse il comando dell'esercito, mentre a capo dello stato maggiore fu posto il generale La Marmora, appena dimessosi dalla carica di presidente del Consiglio. Le operazioni militari furono condotte senza coordinamento tra i due tronconi dell'esercito che operavano l'uno sul Mincio, al comando di La Marmora, l'altro sul basso Po, agli ordini del generale Cialdini. Nonostante l'inferiorità numerica (70.000 uomini contro 200.000) l'esercito austriaco riuscì a sorprendere alcune divisioni italiane nei pressi di Custoza, ingaggiando uno scontro imprevisto che, seppure di modeste proporzioni, allarmò a tal punto La Marmora da convincerlo a ordinare una ritirata generale, oltre le linee del Mincio e dell'Oglio. Discordanze di strategia tra i comandi e rivalità tra La Marmora e Cialdini sulla conduzione delle operazioni impedirono di organizzare una controffensiva nel momento in cui gli austriaci ritiravano numerose divisioni per spostarle sul fronte prussiano e una colonna guidata da Garibaldi, dopo la vittoriosa battaglia di Bezzecca (21 giugno), marciava su Trento. Il 20 luglio nei pressi dell'isola dalmata di Lissa la flotta italiana, al comando dell'ammiraglio Persano, subì una clamorosa sconfitta da parte degli austriaci, comandati dall'ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, che si concluse con l'affondamento della cannoniera Palestro (231 caduti) e della nave ammiraglia Re d'Italia (318 morti). All'esito negativo della guerra fu posto rimedio grazie alla vittoria dei prussiani, che sbaragliarono gli austriaci nella battaglia di Sadowa (vedi Guerra austro-prussiana), a cui seguì la pace di Praga (23 agosto). L'armistizio tra Austria e Italia, sottoscritto a Cormons (12 agosto), fu seguito dalla pace di Vienna (3 ottobre) che prevedeva la clausola, già sancita a Praga, della cessione all'Italia del Veneto previa consegna a Napoleone III: l'imperatore francese in tal modo ripristinava il suo ruolo di garante del regno italiano. A guerra conclusa si accesero violente polemiche sulle responsabilità delle sconfitte di Custoza e di Lissa. L'ammiraglio Persano fu portato davanti all'Alta corte di giustizia del Senato, che lo ritenne colpevole di inettitudine, ma lo prosciolse dall'accusa di codardia. L'unificazione italiana sarebbe giunta a compimento tra il 1870, con la presa di Roma (vedi Breccia di Porta Pia), e la prima guerra mondiale, con l'acquisizione dei territori di Trento, Bolzano, Trieste e dell'Istria.

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